lunedì 26 dicembre 2011

ENERGIA CHIMICA

L’energia chimica si presenta sempre allo stato potenziale e può essere considerata come la capacità di alcune sostanze di combinarsi con altre sviluppando energia sotto forme diverse, quali luce, calore, elettricità.
Ad esempio la combustione è una reazione chimica tra un combustibile e l’ossigeno dell’aria. È energia chimica anche quella che introduciamo nel nostro organismo attraverso le sostanze alimentari, trasformandola in energia termica (per mantenere la temperatura corporea a circa 37°), energia meccanica (il movimento) ed energia elettrica (utile al nostro sistema nervoso).



I COMBUSTIBILI

I combustibili sono sostanze (combusti) che si combinano facilmente con l’ossigeno (comburente) in una reazione chimica – la combustione – durante la quale emettono una gran quantità di calore (energia termica).
Si chiama “potere calorifico” la quantità di calore sprigionata dalla combustione completa di un Kg di sostanza.

I combustibili possono essere naturali o artificiali.
Riguardo al loro stato possono essere, solidi, liquidi o gassosi.


I COMBUSTIBILI NATURALI

SOLIDI

Legna – È stato il primo combustibile usato dall’uomo e il suo utilizzo continua ancora oggi, sebbene concentrato in ambiti più domestici (non industriali), come stufe o caminetti. La legna ha un potere calorifico modesto.



Carboni fossili – Ricoprono un ruolo rilevante a livello industriale essendo utilizzati nelle centrali termoelettriche e negli altiforni per la produzione della ghisa. Sono combustibili fossili, formatisi in seguito ad un lento  processo di trasformazione iniziato in Era Paleozoica (da 570 a 225 milioni di anni fa): in seguito a sommovimenti della crosta terrestre vaste foreste furono sommerse dalle acque e poi sepolte. Nel corso dei secoli, tali masse di sostanze vegetali, composte principalmente di carbonio, ossigeno e idrogeno, hanno perso a poco a poco, per effetto del calore, della pressione e dei microrganismi, sia l’ossigeno sia l’idrogeno.
Essendo diversa l’età dei carboni, diversa sarà anche la loro composizione chimica: il grado di fossilizzazione è massimo per i carboni più antichi, minimo per quelli più recenti. La percentuale di carbonio (detta tenore) pertanto sarà più alta nei carboni più antichi, più bassa in quelli più giovani.
Sulla base di tali considerazioni possiamo dunque distinguere quattro tipi di carbone.

Torba – È il carbone fossile più recente anche se in realtà non è un vero e proprio carbone perché il processo di fossilizzazione non è ancora completato. Il tenore di carbonio è di circa il 50% e il potere calorifico e simile (se non minore) di quello della legna. Non viene tuttavia utilizzata come combustibile ma principalmente in agricoltura, per arricchire il suolo.


Lignite – È un carbone fossile giovane e prende il nome dal fatto che, non essendo del tutto completata la fossilizzazione, talvolta presenta la struttura del legno da cui ha avuto origine. Il tenore di carbonio è del 73% circa e ha un buon potere calorifico.



Litantrace – È un carbone fossile di ottima qualità, il cui tenore di carbonio raggiunge anche il 90%. Il suo potere calorifico è doppio rispetto alla comune legna da ardere. Viene utilizzato sia per il riscaldamento, sia per la produzione di gas di città e coke metallurgico.


       

antraciteAntracite – È il carbone fossile di più antica formazione e con il maggior tenore di carbonio(tra il 90% e il 98%) anche se il suo potere calorifico è analogo a quello del litantrace. Si caratterizza per il suo colore nero e la sua lucentezza metallica. In quanto difficilmente reperibile (e pertanto costoso) è poco usato, e solo a livello industriale.






LA CENTRALE TERMOELETTRICA


Il litantrace è il principale carbon fossile utilizzato come combustibile in una Centrale Termoelettrica. Per alimentare la caldaia si può utilizzare anche la lignite, sebbene il suo potere calorifico sia limitato. Altri combustibili utilizzati sono l’olio combustibile e il gas metano.


            Funzionamento:

-          Il combustibile, bruciando nel bruciatore, produce calore;
-          Il calore trasforma l’acqua di una caldaia in vapore surriscaldato;
-          Il vapore mette in moto una turbina;
-          La turbina è collegata all’alternatore, un generatore che produce corrente elettrica;
-          Un trasformatore innalza la tensione della corrente che viene poi inviata alle linee di trasporto;

-          Il vapore che ha messo in moto la turbina passa da un condensatore che lo riporta allo stato liquido per ricominciare il suo ciclo.



Biomasse secche



Le fonti di energia da biomassa sono costituite dalle sostanze di origine animale e vegetale, non fossili, che possono essere usate come combustibili per la produzione di energia. Alcune fonti come la legna non necessitano di subire trattamenti; altre (gli scarti vegetali o i rifiuti urbani), come vedremo, devono essere processate in un digestore, nel quale si sviluppano microorganismi che con la fermentazione dei rifiuti formano il cosiddetto biogas.
 
Le biomasse secche, dette anche “legna ecologica”, derivano dallo sfruttamento razionale delle foreste.

La biomassa secca e la legna ecologica, per dirsi tali, devono essere prodotte seguendo particolari accortezze, fra cui l’abbattimento di piante già morte senza intaccare alberi vivi, la salvaguardia di alberi secolari e generi protetti, la lavorazione ecologica (sega a mano, sega elettrica, accetta, machete, scure) e l’assenza di spese aggiuntive di costi energetici di trasporto via nave e via terra per migliaia di chilometri.




LIQUIDI



Petrolio – È un liquido oleoso, più o meno denso, di colore variabile da giallastro a nero.
Il petrolio greggio è una miscela molto complessa di idrocarburi, cioè sostanze costituite da carbonio e idrogeno, unite a piccole quantità di azoto, ossigeno e zolfo. Il suo nome, letteralmente, vuol dire “olio di pietra”.
 



Formazione

Si è formato per trasformazione dei residui di piante e animali che, in epoche preistoriche, si depositarono, trasportati dai fiumi dopo la morte, sul fondo del mare, mescolandosi qui con fango e sabbia, formando successivi strati che oggi chiamiamo sedimento marino. Con il passare dei millenni, il calore, la pressione e l’opera di speciali batteri, hanno fatto in modo che i residui venissero scomposti in sostanze chimiche formate solamente da idrogeno e carbonio: gli idrocarburi. Questi, allo stato liquido o gassoso, essendo comunque più leggeri dell’acqua, sono risaliti tra le rocce permeabili fino a concentrarsi nella parte più alta delle stesse (chiamate rocce magazzino), laddove hanno incontrato strati di rocce impermeabili, bloccandosi in quelle che vengono dette trappole petrolifere. Pertanto il petrolio, nel sottosuolo, non si trova in laghi o fiumi, ma è impregnato nelle porosità delle rocce magazzino.
 

Giacimenti

Poiché il petrolio è legato sempre alla presenza di sedimenti marini, la ricerca di giacimenti avviene nelle zone dove nel passato la Terra era ricoperta dal mare. In genere lo si trova raccolto in sacche di roccia impermeabile che possono assumere varie forme. Distinguiamo quindi:

Anticlinale: formato da strati di roccia di forma arcuata, che costituisce la maggior parte dei campi petroliferi del mondo;



Faglia: costituita da una frattura degli strati rocciosi,
che porta uno strato impermeabile a imprigionare un altro strato contenente petrolio;


Trappola stratigrafica: formata da strati inclinati di roccia fra cui è racchiuso il petrolio.





 Ricerca dei giacimenti

I giacimenti si trovano nel sottosuolo a profondità di circa 5000-6000 m, per cui sono stati escogitati ingegnosi sistemi di ricerca per individuare le zone dove, con alta probabilità, dovrebbe trovarsi il petrolio, prima di provare a scavare i pozzi.

Rilevamento aerofotografico: è un primo approccio alla ricerca dei pozzi che risulta di grande aiuto perché mette in evidenza gli affioramenti rocciosi e ne indica la direzione e l’inclinazione. Segue quindi una raccolta di campioni di terreno (carote), esaminati in laboratorio per scoprirne le caratteristiche.








Esplorazione sismica: è uno dei sistemi più sicuri e si attua provocando piccoli terremoti grazie all’esplosione di cariche poste nel sottosuolo. Le onde d’urto colpiscono i vari strati  di roccia e rimbalzano in superficie, dove sono registrate da sismografi che misurano le vibrazioni del terreno. Il tempo impiegato dalle onde per andare e tornare indica la profondità e la natura della roccia: il petrolio non si trova nelle rocce dure.



Esplorazione magnetica: è basata sulla diversa quantità di ferro contenuto nelle rocce. Le “rocce magazzino” contengono meno ferro e pertanto sono meno magnetiche. Il rilevamento viene fatto con appositi strumenti detti magnetometri, che possono essere trasportati anche da aeroplani, in modo da permettere l’esplorazione di vaste zone in poco tempo.

Esplorazione gravimetrica: è basato sulla diversa intensità delle forze di gravità a seconda della composizione delle rocce del sottosuolo e si svolge con modalità simili a quelle dell’esplorazione magnetica.

Esplorazione sottomarina: è necessaria quando il petrolio si trova nelle zone attualmente ricoperta dal mare. Anche in questi casi la ricerca è effettuata attraverso sismografi, capaci di registrare le onde di ritorno generate da esplosioni controllate.



Ogni sistema di esplorazione può essere utilizzato insieme ad altri, in modo da fornire il maggior numero di informazioni sulla composizione del sottosuolo e sulla possibilità che vi sia la presenza di petrolio. Quando tutti gli esami preliminari hanno dato esito positivo, si procede allo scavo di un pozzo esplorativo: sarà l’unico modo per definire con certezza se in quel luogo vi è una trappola e, se c’è, se contiene idrocarburi, e quanti.



Estrazione


Quando la zona in cui si può trovare il petrolio è individuata, si esegue la trivellazione. Prima si costruisce una torre in traliccio in acciaio, detta torre di trivellazione (in inglese derrick) che deve sostenere le aste a sezione quadrata alla cui estremità si trova lo scalpello che scava il terreno (una sorta di grosso trapano). Tali aste vengono fatte ruotare da un motore: a mano a mano che lo scalpello penetra nel terreno, si aggiungono via via nuovi elementi fino ad ottenere una lunga sequenza di aste unite tra loro, mentre lo scavo viene rivestito con tubi di acciaio cementati alla roccia.
Per facilitare la fuoriuscita della terra di scavo, si pompa all’interno delle aste uno speciale fango molto fluido che scende fino al fondo dello scavo e risale passando all’esterno dell’asta trascinando in superficie la terra stessa.
L’estrazione del petrolio avviene quando la trivellazione raggiunge il giacimento di petrolio. Questo, per effetto della pressione cui è sottoposto, risale lungo il pozzo e affiora con violenza in superficie, per cui occorre predisporre un sistema di tubi e valvole di regolazione che permettano al pozzo di fornire il petrolio con un flusso continuo e costante e con pressione non troppo elevata.
Se la pressione del petrolio non è sufficiente a farlo risalire all’interno dei tubi sino alla superficie, è possibile montare delle apposite pompe sia in superficie che a fondo pozzo.




Trivellazione nei fondali marini

Le perforazioni dei giacimenti sottomarini (offshore – fuori costa) avviene sistemando tutte le apparecchiature su piattaforme che possono essere galleggianti, ancorate al fondo oppure appoggiate sul fondo per mezzo di strutture metalliche quando la profondità è limitata a poche decine di metri. Il petrolio viene quindi trasportato alla costa più vicina mediante oleodotti.
Nella fase di esplorazione, dalle piattaforme vengono perforati numerosi pozzi in direzioni diverse, in modo da esplorare il maggior volume di roccia possibile.

Poiché l’impiego di piattaforme galleggianti o semisommergibili consente di raggiungere al massimo profondità di circa 300 metri, dalla metà degli anni Novanta è iniziata una fase di ricerca petrolifera su fondali marini ben più profondi, fino a 3000 metri, in mare aperto, dove ci sono zone ricche di greggio.
Per questo tipo di estrazioni vengono usate navi particolari (come, ad esempio, la Saipem 10000) che, con sofisticate tecnologie, riescono a mantenersi immobili nelle loro posizioni pur manovrando con precisione trivelle lunghe circa 3 km. Ogni piccolo movimento creato dalle onde, dal vento e dalle correnti viene rilevato istante per istante e contrastato, entro 2 o 3 secondi, orientando una delle 6 eliche di cui è fornita la nave, facendola agire sulla stessa con una forza uguale e contraria.


Trasporto


Il petrolio estratto, per essere trasformato, deve essere innanzi tutto trasportato nelle raffinerie. Il trasporto avviene o per mezzo di oleodotti e petroliere.

Gli oleodotti sono costituiti da lunghi segmenti di tubazioni (del diametro di circa un metro) accuratamente saldati tra di loro, fino a creare serpentoni lunghi anche centinaia di chilometri, per lo più interrati o posti sui fondali marini. Il petrolio scorre nelle tubazioni spinto da numerose stazioni di pompaggio fino a raggiungere le coste, dove viene poi caricato sulle petroliere ( enormi navi cisterne) che in seguito lo trasporteranno alle raffinerie.
petroliera 



Distillazione frazionata

Il petrolio greggio è un miscuglio di numerosi idrocarburi, molto diversi tra loro per la composizione chimica delle loro molecole: nelle raffinerie vengono separati i diversi componenti.

Il primo trattamento cui è sottoposto il petrolio greggio è la distillazione frazionata (topping): il petrolio, scaldato fino alla temperatura di ebollizione e trasformato in gas, è inviato in una speciale torre (o colonna) di frazionamento in acciaio. Questa torre contiene un certo numero di piatti, sui quali si condensano i diversi idrocarburi: in basso, alle temperature più elevate, si condensano le frazioni più pesanti (gasolio e cherosene) ; più in alto, a temperature inferiori, condensano le frazioni più leggere (nafta, benzine e gas).  Dai vari livelli di condensazione, gli idrocarburi separati vengono convogliati all’esterno attraverso apposite condotte, pronti per subire le operazioni successive.
I residui vengono nuovamente distillati per ottenere nuovi lubrificanti, i cui ulteriori residui costituiranno i bitumi, utilizzati per la realizzazione di asfalti.


distillazione frazionata
Successive lavorazioni e modifiche sugli idrocarburi ottenuti dal topping servono ad adeguare le quantità di alcuni prodotti alle esigenze di mercato.

Il cracking – Vista l’importanza della benzina, con questo trattamento è possibile produrne altra (in aggiunta a quel 20% prodotto dal topping), rompendo - to crack - le molecole più grosse del gasolio.

Il reforming – È un trattamento che serve ad arricchire la benzina di ottani (antidetonanti) per evitare che la miscela di aria e benzina scoppi prima di aver raggiunto la massima compressione, riducendone l’efficienza. La “benzina verde”, ad esempio, utilizza ottani privi di piombo, tipici delle “benzine super”.


GASSOSI

Metano – È un gas formato da atomi di carbonio e idrogeno e fa parte della famiglia degli idrocarburi. Ha un buon potere calorifico e brucia senza produrre gas inquinanti in misura significativa (purché la combustione avvenga in ambienti con un buon ricambio di aria). È pertanto la risorsa energetica più pulita fra i combustibili fossili.
In natura si trova in giacimenti sotterranei o sottomarini, spesso associato al petrolio. La sua estrazione richiede un’attività di perforazione simile a  quella petrolifera e il trasporto avviene per mezzo di gasdotti (metanodotti).
Le riserve accertate sono distribuite in poche aree geografiche, in particolare in Siberia e nell’Europa orientale, ma anche l’Italia dispone di risorse importanti, sebbene poco utilizzate.
Viene largamente utilizzato come combustibile per la generazione di energia elettrica, ma anche direttamente per il riscaldamento di ambienti o come carburante.



Idrogeno – È un gas inodore, incolore ed estremamente infiammabile. È l’elemento più leggero e più abbondante di tutto l’universo e gioca un ruolo vitale nella produzione di energia per l’universo stesso. È presente nell’acqua e in tutti i composti organici e organismi viventi.
Il fatto che l'idrogeno sia l'elemento più abbondante dell'universo potrebbe far pensare che sia estremamente facile produrlo, ad esempio estraendolo dall'acqua. In realtà, attualmente, il modo più economico per produrre questo elemento consiste nell'utilizzo di petrolio o di altri combustibili fossili. Infatti, circa il 97% dell'idrogeno prodotto è ottenuto dai combustibili fossili, mentre soltanto un 3% si ottiene tramite l’elettrolisi dell'acqua.

L’idrogeno, del resto, non è una fonte di energia, ma, piuttosto, un vettore energetico.
Un vettore energetico è un composto in grado di veicolare l'energia da una forma ad un'altra. Si parla di vettore e non di fonte energetica tutte le volte che il composto a cui ci si sta riferendo deve essere prodotto e raccolto a partire da una forma di energia precedente. L'idrogeno, ad esempio, è certamente un vettore energetico, essendo assente sulla Terra in forma molecolare e non esistendo, a tutt'oggi, processi naturali che ne permettano la produzione in continuo (come invece è sul sole). Al contrario, il metano, presente in giacimenti, è una fonte di energia essendo essa già presente e direttamente utilizzabile.

idrogeno


LA CENTRALE A TURBOGAS


La centrale a Turbogas è alimentata a gasolio o a gas metano. L’impianto è costituito da un compressore, una camera di combustione e da un gruppo turboalternatore.


            Funzionamento:
- L’aria aspirata dall’atmosfera viene compressa all’interno del compressore e inviata alla camera di combustione;
- Nella camera di combustione l’aria compressa di combina con il combustibile generando calore (gas caldo ad alta pressione);
-  Il gas in pressione mette in moto la turbina a gas;
-  La turbina è collegata all’alternatore, un generatore che produce corrente elettrica;
- Un trasformatore innalza la tensione della corrente che viene poi inviata alle linee di trasporto;
-  I gas di scarico vengono espulsi da un camino.
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LA CENTRALE A CICLO COMBINATO


Come per la centrale a Turbogas, anche la Centrale a Ciclo Combinato è alimentata a gasolio o a gas metano. L’impianto è composto da una turbina a gas, da un generatore di recupero e da una turbina a vapore.


            Funzionamento:

-          Le prime fasi di funzionamento sono in tutto identiche a quelle della Centrale a Turbogas, (fino alla produzione di energia elettrica attraverso una turbina a gas);

-          I gas scaricati dalla turbina, a 500°C, anziché essere espulsi vengono inviati al Generatore di Vapore di Recupero, dove vengono raffreddati a circa 110°C;

-          I gas a 110°C vengono utilizzati per produrre il vapore che alimenta una turbina a vapore (diversa dalla precedente turbina a gas): questa, collegata ad altri alternatori e trasformatori, producono ulteriore energia elettrica.




I COMBUSTIBILI ARTIFICIALI

SOLIDI

Carbone di legna – Detto anche comunemente “carbonella”, è ricavato da una catasta di legna disposta a piramide, coperta di terra, dove un fuoco carbonizza il legno senza bruciarlo. Usato principalmente per l’accensione di piccoli fuochi per uso domestico (ad esempio il barbecue).




Pellet – È  un combustibile ricavato dalla segatura essicata e poi compressa in forma di piccoli cilindri con un diametro di circa 6-8 millimetri
La capacità legante della lignina, contenuta nella legna, permette di ottenere un prodotto compatto senza aggiungere additivi e sostanze chimiche estranee al legno. Si ottiene, quindi, un combustibile naturale ad alta resa.
Grazie alla pressatura, il potere calorifico del pellet, a parità di volume, ma non di peso, è circa doppio rispetto al legno.
Il pellet è utilizzato come combustibile per stufe di ultima generazione, in sostituzione dei ceppi di legno. Ciò comporta una serie di miglioramenti di tipo ecologico, energetico e di gestione dell'impianto di riscaldamento rispetto alle stufe tradizionali.


Coke metallurgico – Si ottiene dalla distillazione del litantrace a 1000 °C in assenza di ossigeno. Alcuni sottoprodotti della conversione del carbone fossile in coke sono il catrame (o pece) e l’ammoniaca. Serve come combustibile nella produzione dell’acciaio e negli impianti di riscaldamento.







LIQUIDI


Etanolo – Più comunemente noto come alcool etilico, o più semplicemente alcool (alcool: composto organico alterato), è prodotto in natura dalla fermentazione e dalla distillazione degli zuccheri (di mais, grano, orzo). È l'alcool più diffuso e l'unico adatto al consumo alimentare (è presente nelle birre, nei vini e nei liquori), sebbene genere l’inibizione di diverse funzioni dell’organismo.
 
A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall'odore caratteristico. È tendenzialmente volatile ed estremamente infiammabile. La fiamma che produce durante la combustione si presenta di colore blu tenue, ed è molto difficile da vedere in presenza di luce.

L’alcool denaturato, quello dal noto colore rosa, viene trattato con benzene e profumato artificialmente.





Bioetanolo – E’ l’etanolo prodotto mediante un processo di fermentazione delle biomasse, ovvero prodotti agricoli ricchi di zuccheri (residui di coltivazioni agricole; residui forestali; eccedenze agricole; residui di lavorazioni agrarie e alimentari; coltivazioni apposite). Chimicamente ha la stessa struttura dell’etanolo: si differenzia da questo esclusivamente per la sua produzione (del tutto naturale poiché utilizza batteri - a differenza di quella dell’etanolo che utilizza, nel procedimento di distillazione, dei combustibili) e per l’utilizzo massiccio di prodotti di scarto (solo secondariamente si utilizzano apposite coltivazioni, per lo più mais, grano, canna da zucchero ma anche bietola e sorgo).

 È l’esempio più noto e più diffuso di combustibile alternativo da biomassa. In alcuni paesi del mondo, infatti, viene usato come combustibile al posto della comune benzina, dato il suo costo molto contenuto, se prodotto autonomamente (biocarburante).

Come carburante non si utilizza mai puro,  ma sempre  miscelato con la benzina:

-          la miscela denominata E10 (10% di bioetanolo,  90% di benzina) è utilizzabile nel motore di qualsiasi automobile;

-          la miscela denominata E85 (85% di bioetanolo, 15% di benzina) è utilizzabile solo in motori predisposti.




Biodiesel – È un altro importante esempio di combustibile alternativo da biomassa.

È un combustibile che può essere prodotto da oli vegetali e persino da grassi riciclati. Gli oli vegetali vengono estratti da semi di mais, di girasole, di lino e di colza.

È un combustibile sicuro e biodegradabile e può contribuire a ridurre l’inquinamento dell’aria. Le sue prestazioni sono simili a quelle del gasolio derivato dal petrolio.

Una miscela formata dal 20% di biodiesel e dall’80% di gasolio viene chiamata B20




OBIEZIONI IN MERITO AI BIOCOMBUSTIBILI

L’utilizzo dei biocombustibili, così ecosostenibili, porta con sé alcune obiezioni che vanno valutate attentamente.
-          Per produrre biocombustibili in grande quantità è necessario destinare alla coltivazione delle piante tradizionali (mais, colza, soia…) enormi estensioni di terreno a scapito delle altre colture. Questo può portare a una diminuzione della coltivazione delle colture alimentari e, di conseguenza, ad un aumento dei prezzi.
-          L’aumento della richiesta di biocombustibili porterà anche all’espansione delle monocolture apposite e, di conseguenza, sarà un incentivo alla deforestazione.


GASSOSI


 
Etano – È un gas ottenuto per distillazione del gas naturale (per la maggior parte costituito da metano) o ottenuto per elettrolisi dall’acido acetico. È estremamente infiammabile ed esplosivo se a contatto con l’aria.
3 propano


Propano - È un gas ottenuto per distillazione del gas naturale e del petrolio, inodore e incolore. Unito al butano, è utilizzato come carburante per automobili (il GPL) dopo aver subito una liquefazione. È il gas utilizzato anche nei fornelli e nelle lampade da campeggio o come fluido refrigerante e trova vasto impiego nei prodotti chimici.


 
Butano – È un gas ottenuto per distillazione del gas naturale e del petrolio, incolore ma meno inodore del propano. In generale, ha gli stessi utilizzi del propano.





Biogas – i rifiuti organici degli animali e gli scarti dei prodotti agricoli, se sottoposti a fermentazione, producono biogas. In questo processo, detto biogassificazione, i batteri anaerobici (in assenza di ossigeno) trasformano i liquami in gas; come residuo si ottengono degli ottimi fertilizzanti.
Il biogas è un composto gassoso formato al 60-70% da metano.
Gli impianti di biogas si rivelano utili, come fonte energetica alternativa, soprattutto nelle zone agricole dei Paesi in via di sviluppo.


LA CENTRALE A BIOGAS

L’impianto di una centrale a Biogas è costituito da un serbatoio, un miscelatore, un digestore e un turbogeneratore.

            Funzionamento:

-          La biomassa viene depositata in un serbatoio e periodicamente incrementata da biomassa fresca (solitamente si aggiunge una piccola percentuale di  acqua per mantenere la giusta percentuale di umidità);

-          Per mantenere una buona omogeneità del liquame, la biomassa viene trattata in un miscelatore;

-          Nel digestore anaerobico, ermeticamente chiuso, il liquame precipita nella parte inferiore, mentre il biogas gorgoglia verso la parte superiore;

-          I gas prodotti vengono convogliati verso il sistema turbogeneratore per la produzione di energia elettrica;

-          Il liquame digerito viene convogliato in un recipiente esterno e suddiviso nelle sue parti liquide (per la successiva produzione di foraggi) e solide (concimi).


ENERGIA DAI RIFIUTI

Ogni oggetto che l’uomo utilizza è destinato, prima o poi, a diventare rifiuto.
I rifiuti prodotti possono avere diverse destinazioni:

- finire nelle discariche;
- essere differenziati e riciclati;
- essere utilizzati per produrre energia.

I rifiuti che l’uomo può utilizzare per produrre energia sono i residui delle attività industriali, artigianali, agricole e dei consumi dei cittadini.
A seconda dei rifiuti a disposizione, l’uomo può utilizzarli in apposite strutture, quali:

-          Cementifici (per la produzione di cementi)
-         Centrali termiche (per la produzione di energia termoelettrica, usando rifiuti selezionati che garantiscono una combustione costante);
-         Impianti per la produzione di biogas (ottenendo biogas tramite fermentazione);
-         Termovalorizzatori (che hanno lo scopo di incenerire i rifiuti non differenziati e alo stesso tempo produrre energia elettrica)


I termovalorizzatori
energia dai rifiuti



1. Arriva il rifiuto                                 6. Il trattamento dei fumi
2. La combustione                              7. L'inertizzazione
3. L'estrazione delle scorie              S1. Il controllo delle emissioni
4. Il vapore                                        S2. La riduzione delle sostanze inquinanti
5. L'energia
 

Un moderno termovalorizzatore è un impianto che nasce per incenerire i rifiuti e ricavare dell'energia da questo processo. Ma come funziona questa macchina?

1. Arriva il rifiuto
Il rifiuto conferito all'impianto viene scaricato in una vasca dalla quale un sistema di aspirazione impedisce l'uscita di cattivi odori. Il rifiuto viene quindi depositato da una gru sul forno a griglia mobile, dove inizia la combustione.

2. La combustione
Il rifiuto viene rivoltato in continuazione sulla griglia in movimento. Una corrente d'aria forzata tiene viva la combustione

3. L'estrazione delle scorie
Le sostanze più pesanti che "resistono" alla combustione (ad esempio i minerali come il ferro,l'acciaio,ecc.), cadono in una vasca piena di acqua, posta al di sotto della griglia. Qui raffreddate, vengono estratte ed inviate in discariche normali.


4. Il vapore
I fumi caldi generati dalla combustione portano in ebollizione una caldaia che produce vapore.

5. L'energia
Il vapore prodotto nella caldaia viene trasformato in energia elettrica, per mezzo di una turbina, e l'energia generata è quindi immessa nella rete elettrica nazionale.

6. Il trattamento dei fumi
I fumi, dopo aver ceduto parte del proprio calore per la generazione del vapore,vengono convogliati in un sistema di trattamento a più stadi che sottrae loro le ceneri volanti e riduce le altre sostanze in esse contenute.

7. L'inertizzazzione
Le ceneri volanti prodotte dalla combustione vengono inviate all'inertizzatore che, mescolandole a cemento ed acqua,ne modifica la composizione chimica.Le ceneri vengono cosi trasformate in materiale solido inerte, che trasportabile, facilmente e senza rischio, nelle normali discariche.

S1. Il controllo delle emissioni
L'impianto non ha emissioni liquide di processo. Le principali emissioni gassose sono costantemente controllate e regolate automaticamente. Eventuali scostamenti dai valori consentiti sono immediatamente segnalati da allarmi che portano alla fermata parziale o totale dell'impianto.

S2. La riduzione delle sostanze inquinanti
Le sostanze inquinanti vengono ridotte già in fase di combustione, con l'ausilio di un sistema computerizzato: mediante il controllo di temperatura e aria di combustione, si contiene la formazione di ossido di carbonio e altri incombusti ed immettendo una sostanza chimica (urea) si abbatte il livello degli ossidi di azoto. L'abbattimento finale avviene nel sistema di trattamento dei fumi che, eliminando ulteriormente le sostanze pericolose ancora in esso presenti, permette di immettere nell'atmosfera, attraverso il camino, fumi nei quali gli inquinanti sono ridotti al minimo, con valori ampiamente al di sotto dei limiti della legge.


Bibliografia:
"Progetto Tecnologia - Vol.B" (Benente, Ferraiolo, Vitale - Ed. Paravia)
"Tecnologia - Energia e applicazioni - Vol.D" (Gianni Arduino - Ed. Lattes)
"Fare Tecnologia" (G.Paci - Ed. Zanichelli)
"Area Tecnologia" (A.Chini, A.Conti - Ed. Minerva Scuola)
"Tecno Idea" (E.Sottsass, A. Pinotti - Ed. Atlas)

"Tecnosfera - Vol.B" (C.Capurso, A.Garlaschi, A.Gandini, R.Spigarolo - De Agostini"

"Contesti tecnologici - Vol.A" (C.Merlo, V.Ponticiello - Ed. Le Monier Scuola)