lunedì 26 dicembre 2011

GENESI DEI SISTEMI COSTRUTTIVI

Introduzione

Da sempre l’uomo ha dovuto confrontarsi con l’ambiente circostante per cercare di mantenere costanti alcuni parametri ideali di vivibilità, primi fra tutti la temperatura, l’umidità e la salubrità.

Non tutti i luoghi, nel mondo, possono garantire condizioni di vita ottimali e così l’uomo ha dovuto affrontare il problema, nel tempo, in 3 modi diversi.
Un primo modo consiste nell’adattarsi alle condizioni ambientali in cui si vive modificando le proprie esigenze (
evoluzione della specie).
Un secondo metodo consiste invece nello spostarsi da un luogo all’altro sostituendo un ambiente sfavorevole con un o più adatto alla sopravvivenza (
emigrazione).
Infine, una terza soluzione prevede la possibilità di trasformare l’ambiente per adattarlo alle proprie esigenze (
attività costruttiva).

Il bisogno primario di qualsiasi forma di vita è legato al procacciamento del cibo, che l’uomo primitivo (l’uomo di Neandertal risale a 40.000/100.000 anni fa), associato in piccoli gruppi nomadi, risolve vivendo di caccia e pesca o della raccolta di frutti spontanei.
Nelle aree dove la vita è facile e le condizioni ambientali la agevolano, poco deve essere fatto per alterare un ambiente già di per sé ospitale.
Al contrario un ambiente ostile offre una possibilità di sopravvivenza minima e la necessità, quindi, di dovere costantemente proteggere un’esistenza precaria.
Gli eschimesi dei ghiacci, i cacciatori della tundra, delle praterie, della savana, i pescatori delle isole, delle coste marine, gli uomini dei fiumi e delle grandi foreste pluviali, gli abitanti delle montagne e i nomadi del deserto, affrontano e risolvono diversamente il loro primo approccio con l’arte del costruire.
Diverse sono le sollecitazioni ambientali cui sono sottoposti ma medesimi sono i ritmi di vita e le necessità biologiche. Dovunque si trovino, gli uomini mangiano, si rilassano e dormono, cercando i luoghi più adatti allo svolgimento delle loro attività sedentarie.




Il bivacco


I cacciatori paleolitici si spostano continuamente nel territorio alla ricerca di animali da cacciare. Il possesso del territorio si limita alle necessità della caccia e le risorse naturali vengono sfruttate senza la necessità di effettuare modifiche all’ambiente. Una vita in continuo movimento però richiede delle soste, se non altro per riposare consumare pasti. Per il suo bivacco l’uomo paleolitico sceglie il posto che ritiene più sicuro e accogliente, come del resto facciamo noi, ancora oggi, quando scegliamo il posto ideale per un pic nic.

In qualsiasi ambiente ci si trovi, alcuni elementi naturali assumono una valenza particolare cui l’architettura futura farà riferimento: un albero secolare, l’ombra di un masso, una radura accogliente, la presenza di una fonte, una grotta sicura sono da subito luoghi di sosta privilegiati, verso i quali si cerca di ritornare ogni volta che sia possibile.
La sosta dei cacciatori paleolitici conferisce al luogo prescelto tutti gli elementi funzionali propri dell’architettura residenziale.
Il sito viene spontaneamente suddiviso in zone funzionali. L’accesso viene sorvegliato da una sentinella; la presenza di due alberi contigui offre la possibilità di fissare una preda per scuoiarla e squartarla senza che venga a contatto diretto col terreno; la creazione di un focolare consente la cottura delle carni; una pietra sufficientemente piatta e larga da utilizzare come mensa consente una consumazione dei pasti più confortevole; la vicinanza di una sorgente fornisce l’approvvigionamento idrico.


Se il bivacco si prolunga le funzioni si articolano e il sito si arricchisce di una zona di sosta, di una zona una produttiva destinata alla lavorazione di selci e pelli, di uno spazio appartato per i bisogni corporali e di un luogo sufficientemente protetto per il riposo.
Tradotto in termini edilizi un luogo siffatto è dotato di
accesso, dispensa, cucina, pranzo, soggiorno, laboratorio, letto e servizi igienici.

Sebbene l’attività costruttiva sia limitata solo allo spostamento di qualche masso e all’utilizzo di qualche fune, quella del bivacco può essere considerata, a tutti gli effetti, la prima forma di struttura residenziale.


 



I ricoveri spontanei: le caverne

Quando le condizioni ambientali lo impongono la sosta ha bisogno di una maggiore protezione dal freddo, dalle intemperie e dalle aggressioni. Un habitat ostile comporta la necessità di un ricovero coperto e protetto, che viene offerto spontaneamente dagli anfratti della roccia e dalle grotte. In questa cavità naturali gli “uomini delle caverne” cercano riparo dalle intemperanze del clima e ottengono al tempo stesso una migliore difesa dalle aggressioni.




Le tracce più antiche di dimore umane permanenti in cavità naturali (abitazioni trogloditiche) risalgono a trentamila anni fa (Paleolitico Inferiore). A circa 16.000 anni fa risalgono invece le
Grotte di Altamira, in Spagna, primo esempio a noi pervenuto di pitture rupestri ben conservate.
grotte 

Le case scavate

Fin dall’inizio delle sue attività costruttive, l’uomo ha sempre effettuato piccole modellazioni del suolo per adattarlo alle sue necessità. Le esperienze messe a frutto nella creazione di trappole per animali per l’attività venatoria (piccole buche nel terreno coperte da rami intrecciati coperti di foglie) aprono nuove possibilità ai ricoveri per l’uomo. Grazie all’utilizzo di pietre dure assemblate in rudimentali utensili, l’uomo può realizzare da sé nuove grotte e nuove buche.

Lo scavo a cielo aperto consente la realizzazione di pozzi artificiali in grado di offrire protezione dal freddo o dal sole, utilizzabili anche a scopo abitativo.




Ampia è la tipologia delle dimore scavate, che va dalle abitazioni semisotterranee coperte da ramaglie e pelli di animali, a quelle completate da strutture di legno o pietrame. Alcune forme più evolute sono sopravvissute fino ai giorni nostri. Si pensi ai famosi
Sassi di Matera o alle case a pozzo di Matmata in Tunisia.





 
Le capanne

Per proteggere gli ingressi delle caverne o delle case pozzo, o per migliorarne la protezione dagli agenti atmosferici, l’uomo delle caverne impara a sfruttare il materiale vegetale disponibile nei dintorni. L’uomo impara ad avvalersi di una tecnologia costruttiva senza taglio e col minimo intervento: semplicemente intrecciando rami e foglie trovati nei luoghi di stanziamento vengono realizzati dei graticci posti a protezione degli ingressi delle caverne.

Poggiare un graticcio a contrasto contro le pareti di ingresso di una grotta è molto più semplice che impiantarlo nel terreno.
Nel tempo, con lo scarseggiare di caverne libere e con la necessità di trovare riparo anche in zone sprovviste di cavità naturali, sorge l’idea di poggiare due graticci a contrasto fra di loro: è la nascita delle capanne.

Con il passare dei secoli, o meglio dei millenni, si affina una vera e propria tecnologia di lavorazione del legno, che l’uomo non si accontenta più di raccogliere, ma impara a tagliare e lavorare. Ha così origine un’attività costruttiva più sofisticata, che sopravvive fino ai giorni nostri e si articola in una variegata produzione di capanne.

Le capanne di Terra Amata, a Nizza, nel sud della Francia, sono probabilmente il primo esempio noto di sistema costruttivo a capanna.










Le tende
Le capanne di frasche e fronde sono ricoveri più o meno primari, che per alcune popolazioni diventano smontabili e recuperabili. Alcune popolazioni dedite ad un nomadismo perenne, come quello degli indiani nordamericani, devono la loro sopravvivenza allo spostamento continuo delle mandrie e dei bisonti. In queste condizioni appare più convincente, per la costruzione delle proprie dimore, l’uso di tessuto organico, derivante dall’attività venatoria, poiché più facilmente recuperabile. Pelli conciate per la copertura delle strutture lignee sono totalmente smontabili, recuperabili e facilmente trasportabili. Le tende, il cui primo esempio è costituito da un riparo di rami e pelli, diventano le nuove dimore di un uomo sempre più pratico nell’adattamento del territorio e delle risorse alle proprie esigenze.

Tra i tanti tipi di tende diffuse in tutto il mondo, esempi lodevoli di tecnologia sono la
jurta mongola, le tende lapponi e le tende dei berberi.



 
 

  Le palafitte

L’uomo impara quindi a lavorare il legno per costruire le tende in modo tale che siano facilmente smontabili e rimontabili. Con l’utilizzo di strumenti di lavorazione sempre più precisi si aprono nuovi orizzonti anche nei sistemi costruttivi. Dalle semplici frasche intrecciate, l’uomo passa alla lavorazione di rami e tronchi via via sempre più grossi. Non solo le capanne in legno diventano più stabili e sicure, ma la disponibilità di elementi di maggiore sezione cambia anche il rapporto dell’uomo con il suolo. Pali di sufficiente diametro, infissi nel terreno e opportunamente assemblati, rendono possibile creare un piano orizzontale su cui costruire un ricovero al riparo dal suolo instabile o acquitrinoso. Da lì, arrivare alla costruzione di ricoveri su zone paludose è facile. Nascono le palafitte, che garantiscono una adeguata vivibilità alle abitazioni in zone, d’altro canto, irraggiungibili per animali feroci, le paludi appunto.

La necessità di collegare la terra ferma alle abitazioni o le abitazioni fra di loro, porta a sistemi costruttivi sempre più complessi e ingegnosi: passerelle, ponti, scalette…

Le isbe russe sono esempi di lavorazioni del legno sempre più raffinate.








La case in legno e argilla

Mentre le case a pozzo o le tende restano bene o male abitazioni di fortuna o temporanee, il legno associato con l’argilla consente di modellare la materia per ottenere forme più complesse e sofisticate. La protezione delle pareti esterne, ottenuta utilizzando materiali argillosi o semi-organici (sterco e paglia), è facilmente plasmabile e, una volta rappresa, si rivela abbastanza compatta e resistente, oltre a consentire notevole libertà di forma. Un esempio di tale architettura è riscontrabile nei ricoveri ogivali del Ciad.

La soluzione vincente è però basata sull’impiego di mattoni: crudi, cotti al sole o al fuoco. Questi elementi sono adatti a costruire murature verticali, anche su più piani e quindi con diversi ambienti, su cui impostare tetti a terrazza, sostenuti da fitte travi coperte da uno strato di terra. Su questo schema sono ancora oggi impostati i
pueblos dell’Arizona e del Nuovo Messico (ben conservati, ancora oggi, il Pueblo di Mesa Verde).







Le prime case in pietra

L’argilla poteva essere usata solo in ambienti con poca pioggia, perché la stessa avrebbe sciolto i mattoni. Sicuramente più efficace sarebbe stato, fin da subito, l’utilizzo della pietra. Ma la difficoltà di lavorazione e l’irregolarità, quindi, delle pietre ottenute, rendeva difficoltoso l’assemblaggio delle stesse.

L’evoluzione della lavorazione della pietra e cioè la capacità di tagliarla e scolpirla sarà propria di epoche evolutivamente più tarde. Solo l’età del ferro offrirà la disponibilità di strumenti adatti a scalfirla. Se inizialmente fu facile utilizzare la pietra per realizzare muretti (muri a secco) o basamenti per fissare le capanne, la realizzazione di coperture restava il problema più grosso da risolvere. Le prime abitazioni in pietra, infatti, non avevano una copertura lineare: il tetto veniva risolto con l’utilizzo di pietre a sbalzo poggiate sulle mura verticali, fino a chiudere la costruzione con una sorta di volta (o tholos).

Questo sistema costruttivo era stato utilizzato già in precedenza per la realizzazione di tumuli e tombe (i Tholos di Micene, intorno al 3500 a.c.) e successivamente ripresi per la realizzazione di dimore. Esempi di tale architettura sono le case in pietra di Skara Brae, i Trulli di Alberobello e i Nuraghe in Sardegna, risalenti tutti ad anni tra il 3000 e il 2000 a.c.






Stesso sistema costruttivo è quello adoperato per la costruzione degli Igloo, con la sola differenza del materiale utilizzato: grossi blocchi di ghiaccio invece della pietra. Del resto l’abbondanza del ghiaccio nei paesi in cui vengono costruiti gli igloo e la maggiore lavorabilità del ghiaccio stesso rispetto alla pietra permettono costruzioni di maggior precisione e cura del dettaglio.

 








L’utilizzo di grossi blocchi di pietra (strutture megalitiche) semplifica molte difficoltà costruttive ma genera la necessità di risolvere il problema della movimentazione e del sollevamento di elementi di notevole peso. I Menhir, progenitori degli obelischi, sono monoliti eretti, che possono raggiungere anche dimensioni notevoli. I dolmen sono invece strutture che si preoccupano di realizzare in pietra anche le membrature orizzontali: rappresentano un’innovazione importante, perché si basano su un sistema trilitico primitivo.






Il villaggio agricolo

Nel corso del Neolitico, una vera e propria Rivoluzione Agricola, basata sulla coltivazione della terra e sull’allevamento del bestiame, conduce l’uomo verso una vita sempre più stabile. Le mandrie non devono più essere inseguite continuamente nei suoi spostamenti perché ora l’uomo sa come allevarle e ha bisogno solo di zone da adibire a pascolo: l’uomo si stabilizza in luoghi confortevoli per dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento. L’accampamento nomade si trasforma in una stanziamento stabile: per la sua costruzione vale la pena investire più tempo e maggiori risorse.

Inizialmente si diffondono le fattorie, stanziamenti di gruppi familiari dediti all’agricoltura. Le fattorie si ingrandiscono perché i figli rimangono nello stesso territorio e a loro volta mettono al mondo figli: con la formazione di gruppi sociali più numerosi nasce il
villaggio agricolo.


Una sosta più prolungata richiede una più accurata organizzazione degli ambienti necessari allo sviluppo del villaggio. La capanne degli abitanti del villaggio rimangono, in un primo momento, circolari e vengono disposte in cerchio intorno ad uno spiazzo lasciato libero per le attività di tutti i giorni: nasce il moderno concetto di piazza.
Quando le abitazioni diventano in muratura, l’esigenza di sostenersi a vicenda porta alla realizzazione di complessi abitativi uniti fra di loro: il villaggio assume una configurazione più rigorosa.

I percorsi più battuti per lo spostamento delle mandrie verso le zone del pascolo diventano segni indelebili sul terreno. Ben presto quelli che inizialmente erano solo percorsi frequenti diventano veri e propri antesignani delle strade moderne.



 



La civiltà minoica

Nell’isola di Creta si sviluppa la civiltà minoica che, per prima, concretizza in città fortificate il concetto di “villaggio organizzato”.

Micene, considerata la prima manifestazione costruttiva greca, era una città fortificata costruita sulle alture dell’isola di Creta. L’acropoli (città costruita su una altura e racchiusa da mura per proteggerne la propria tranquillità da intrusioni esterne) presenta una porta di accesso (la porta dei Leoni), le prime forme di infrastrutture (una grande rampa che porta verso la sommità del colle), abitazioni, botteghe e il megaron, la grande sala di rappresentanza. La prima vera città interamente costruita dall’uomo.

Altro esempio di architettura minoica è il
Palazzo di Cnosso: un monumentale palazzo dalla struttura labirintica che ha ispirato la famosa leggenda del Minotauro. Un’unica costruzione in cui si raccoglievano non solo gli appartamenti reali, ma anche sale di rappresentanza, corti, piazze, portici…





palazzo knosso



La città greca

Con il crollo della civiltà micenea, per cause non del tutto chiare, inizia un periodo buio che porta ad un notevole calo della cultura e, conseguentemente, delle invenzioni architettoniche. Rimangono vive nella memoria le vecchie costruzioni micenee, che vengono riprese a modello per le nuove costruzioni. Il megaron di Micene viene ripreso nel primo millennio a.c. come base per la costruzione di abitazioni e templi.

In Grecia le città, come già successo per Micene, sorgono su alture, seguendo l’andamento delle curve di livello che ne determinano quindi l’aspetto delle acropoli.


 

acropoli di atene
Le città della Magna Grecia, invece, al contrario di quanto avveniva nella madrepatria, si sviluppano seguendo un preciso progetto. Gli scavi hanno dimostrato infatti che in molti centri della Sicilia, le varie parti dell’impianto urbanistico sono individuate fin dal momento della prima costruzione. Nasce l’urbanistica: la progettazione della città.

Le città (le
polis) si basano sulla distinzione delle zone di culto da quelle per la gestione sociale e politica dell’insediamento. L’agorà (la piazza principale) assume un ruolo fondamentale per la vita di tutti gli abitanti: luogo del mercato, degli incontri, centro della vita politica.
La abitazioni in questo periodo sono solitamente a base quadrata, costituite da un’unica stanza. Case più grandi sono frutto, nel tempo, di accostamento di ulteriori stanze rispetto al corpo iniziale.

Nel corso dei secoli, nel periodo ellenico (dal 300 a.c.) le città vengono via via regolarizzate seguendo una conformazione rigorosa per quanto riguarda le infrastrutture. Le strade vengono disposte a scacchiera, perfettamente ortogonali fra loro, all’interno della quale trovano posto le abitazioni (nel riquadri più piccoli) o gli spazi per le funzioni pubbliche e religiose (nei riquadri più grandi, multipli dei primi).



Le città romane

Il 21 aprile del 753 a.c., tra mitologia e storia, nasce la città di Roma. In quel giorno Romolo, dopo aver vinto con il fratello Remo una gara scrutando il volo degli uccelli, traccia il solco primigenio della nuova città.
Se è vero che già da più di cent’anni la zona non era propriamente disabitata ma abitata da un insediamento proto urbano, è pur vero che da quel momento si ha un taglio netto col passato e comincia, realmente, a sorgere una nuova città, più complessa, organizzata e articolata della precedente.
I primi sistemi costruttivi sono tutti di derivazione greca: la fondazioni in pietra, i tetti coperti da tegole, travi e rivestimenti abbelliti da decorazioni. La città si munisce anche di un complesso ed efficace sistema fognario che impartisce la sua fisionomia al tessuto urbano sopraterra.

Dopo un primo utilizzo dell’o
pus craticium, una tecnica mista di travi in legno e mattoni crudi, la vera svolta nelle costruzioni romani è la scoperta dell’opus cementicium.
L’invenzione della calce, un legante derivato dalla cottura della pietra, è di origine antichissima, ma raggiunge una qualità molto elevata con i muratori e i tecnici edili romani, grazie alla loro capacità di cuocere uniformemente, a temperatura altissima, la pietra e di impastare poi la calce con sabbia finissima e pozzolana per ottenere una malta perfettamente dosata e mescolata.



L’opera cementizia (opus cementicium) , il calcestruzzo, è un impasto di malta con scaglie di pietra, ghiaia e terracotta che, una volta solidificato, diventa estremamente resistente, ma allo stesso tempo elastico e leggero.






Un fondamentale impulso alla potenza di Roma deriva anche dalla realizzazione di strade sempre più resistenti e lunghe. Del resto anche le colonie romane, sparse nell’impero, basano la propria struttura sulle strade stesse. Il
cardo (orientamento nord-sud) e il decumano(orientamento est-ovest), le due strade principali degli accampamenti militari, disposte a croce, diventano il punto di partenza di ogni città, ripetute e moltiplicate in un reticolo di vie parallele e perpendicolari che generano i lotti su cui sorgono botteghe e abitazioni.


















Sistemi di difesa naturali di queste colonie sono dati dai fiumi. Le colonie vengono sempre costruite in zone strategiche, facilmente difendibili, e le anse dei fiumi rappresentano un ottimo strumento di difesa dagli attacchi nemici. Si pensi, ad esempio, alla posizione della città di Verona, costruita all’interno della doppia ansa dell’Adige.


Riguardo alle tipologie edilizie, se la classe media abita in case a schiera, stanze organizzate intorno ad un atrio coperto, la classi più nobili abitano le case signorili, con la zona centrale distribuita intorno ad un atrio con impluvio e altre stanze organizzate intorno ad un altro giardino porticato.
domusromana
Molto più grandi, complesse e ricche di stanze e decorazioni sono invece le ville, solitamente sparse nelle zone periferiche delle città più importanti, circondate dal verde, piene di porticati e arricchite da fontane e statue.
Tutte le abitazioni avevano delle zone riservate al culto degli dei protettori della casa (i Lari e i Penati).

Mirabile esempio, a metà fra casa nobile e villa, è l’imponente
Domus Aurea.






La città medievale

Con la caduta dell’Impero romano, e la disgregazione dello stesso sotto l’Impero Carolingio, si apre un periodo buio dell’umanità. Dopo il prosperare di invenzioni tecnologiche ad architettoniche degli anni d’oro di Roma, il panorama tecnico, così come quello culturale, subisce una brusca frenata.
In un contesto di violenza e incertezza , tipico del sistema feudale, si assiste ad un impoverimento culturale, economico e sociale, dove anche l’architettura si svilisce: svanisce a poco a poco il carattere civile delle costruzioni romane mentre tutto si concentra sui soli temi sacri.

Il disfacimento dell’Impero romano si manifesta anche in modo tangibile quando molti degli edifici costruiti sotto l’Impero vengono saccheggiati e distrutti al fine di ottenere materiale da costruzione per edifici ben più miseri.

Quando intorno all’anno Mille si assiste ad una piccola rinascita e speranza nel futuro, le popolazioni riescono lentamente ad affrancarsi dal sistema feudale e si ritirano nei campi tornando ad una vita di autogestione a conduzione familiare.



In questo contesto le città che sorgono sono inizialmente aggregazioni spontanee di edifici lungo le vie principali. Sulla strada più battuta dalle migrazioni stagionali vengono erette chiese con ricoveri per i viandanti. Lentamente, intorno alle chiese, lungo la strada, sorgono altri edifici, sempre ad uso di chi si trova di passaggio. A poco a poco gli assembramenti di edifici prendono la configurazione di città, così si realizzano piazze per il mercato, edifici per la pubblica amministrazione, e poi stalle, botteghe, abitazioni, edifici delle Corporazioni
Ma le continue guerre, i decennali conflitti, obbligano le comunità a rinchiudersi all’interno di fortificazioni. Molte città nascono come vere e proprie città fortificate. Nasce un novo tipo di abitazione, la casa torre, allo stesso tempo soluzione ideale per difendersi dall’esterno e trovata economicamente vantaggiosa, potendo costruire più piani su una superficie ridotta. Esempio di tale architettura è, tutt’oggi, il paese di
San Gimignano, in Toscana.






Le città romaniche

Dall'XI secolo alla prima metà del XII secolo l'Europa visse un periodo di grande modernizzazione. Si assistette anche ad una ripresa dell'attività edilizia, della domanda di cultura e di investimenti artistici. L’uomo esce dall’immobilità del Medioevo e, in campo architettonico, torna alle ambizioni del periodo romano. Con il termine “romanico” si voleva evidenziare il contemporaneo sviluppo delle lingue romanze e richiamare un collegamento con la monumentalità dell'architettura romana antica.
Si assiste alla rinascita delle città, sia quelle di epoca romana, rinverdite nel nuovo clima di positività, sia quelle di nuova genesi.

Le città romaniche richiamano gli antichi dettati delle città romane con un ritorno alla progettazione dei siti e all’ordine rigoroso.



L’evoluzione gotica

Nel corso del XII secolo l’aumento demografico, lo sviluppo delle manifatture e dei commerci e con essi il benessere e l’importanza della città, fanno si che i centri urbani più importanti diventino teatri della politica ai livelli più elevati. L’architettura civile supera così il puro carattere funzionale per entrare in ideale concorrenza con quella ecclesiastica (tanto importante nel periodo gotico), riprendendo e facendo propri elementi e simbologie dei palazzi nobiliari e risentendo dell’influenza dei grandi cantieri delle cattedrali. La nascita di una architettura squisitamente urbana è segno della trasformazione di una società feudale-agraria in una borghese. Il Palazzo Pubblico diventa nuovo simbolo della città e del suo valore politico, in contrapposizione a quello religioso della Cattedrale. Sulla piazza principale, adesso, non svetta più solo la Chiesa, ma anche la sede del potere civile.

Il Palazzo Pubblico non appare allo stesso modo in tutte le città d’Italia. Infatti, mentre nella pianura padana il suo aspetto è puramente signorile, con ampi portici al piano terra, nell’Italia centrale, le guerre tra città Guelfi e Ghibelline si traducono in palazzi pubblici ben fortificati dall’aspetto esterno compatto e quasi inaccessibile.

Nella seconda metà del XII secolo, inoltre, si assiste ad una ripresa dell’incastellamento, del prosperare cioè di castelli fortificati, che rispondono a necessità strategiche e militari, sebbene le nuove fortezze assumano presto una funzione sempre più residenziale e rappresentativa. Si pensi ai castelli delle grandi famiglie del periodo, gli Scaligeri a Verona, gli Estensi a Ferrara e i Gonzaga a Mantova.





Il Rinascimento

Quanto iniziato nel tardo gotico in fatto di edilizia signorile, trova il suo culmine a partire dal Quattrocento nel periodo del Rinascimento. Gli studi dell’architettura si concentrano sulla definizione sempre più accurata delle tipologie pubbliche, considerate rappresentative di una comunità. La progressiva attenzione che gli architetti rivolgono alla residenza ha come obiettivo quello di dare alla casa di abitazione una nuova dignità architettonica, raggiungibile attraverso una regolarizzazione degli elementi in pianta e in alzato: piante rettangolari semplici e rigorose, prospetti simmetrici e monumentali. Allo stesso tempo si assiste ad un ritorno al passato in fatto di gusto, con la riscoperta del linguaggio classico nelle facciate degli edifici.
Palazzo Medici a Firenze è la prima delle residenze “aggiornate” secondo il nuovo gusto e diventa il punto di partenze per tutte le costruzioni successive, come Palazzo Rucellai, Palazzo Strozzi… Firenze del resto, non a caso chiamata “la culla del Rinascimento” è il centro mondiale del Rinascimento. Leon Battista Alberti e, soprattutto, Filippo Brunelleschi sono i principali protagonisti del tempo.









Il Manierismo


Alle soglie del Cinquecento Roma si avvia a prendere il posto di Firenze come centro principale dell’elaborazione formale e architettonica. Gli edifici fiorentini vengono ripresi e rielaborati nelle costruzioni romane, per lo più ad uso degli ecclesiastici della città. La facciate si fanno sempre più monumentali, anche con una sorta di gigantismo (piani e colonne molto alte) messo in pratica inizialmente da Michelangelo, che verrà ripreso poi dall’architettura fascista.

Il rinnovamento che investe le residenze dei nobili e dei ricchi borghesi in città coinvolge anche le residenze di campagna, luogo di ozio e di svago, realizzate a imitazione della dimora suburbana degli antichi. E’ dai tempi dell’Impero Romano che l’architettura non si concentrava con tanta attenzione alle tenute fuori città.



Esponente principale di tale architettura è il padovano Andrea Palladio, che realizza nel nordest italiano una serie di ville monumentali (note proprio sotto il nome di “ville palladiane”), fa le quali si ricordano “La Rotonda”, Villa Sarego e Villa Barbaro. Altri esponenti del periodo sono il veronese Michele Sanmicheli e Jacopo Sansovino, attivo soprattutto a Venezia.


Il Barocco

L’arte e l’architettura del periodo barocco, nel XVII secolo, stravolgono i canoni fin lì utilizzati nel costruire e nel fare arte. Ogni esperienza artistica si trasforma in una “messa in scena”, dove non si capisce bene ciò che è vero e ciò che è falso. Lo scopo degli artisti e degli architetti era offrire all’osservatore l’illusione di un mondo liberato dalle difficoltà quotidiane, un mondo dove tutto fosse possibile. L’architettura barocca si distinse come unione di meraviglia, innovazione e gioco.

Sebbene sia una evoluzione del manierismo, a differenza dei manieristi gli architetti barocchi aspirarono ad una profonda trasformazione dello spazio, modificando l’architettura tradizionale sia nelle piante che negli alzati e non limitandosi solo a sperimentazioni decorative. Le piante diventano articolate; le facciate ricche di motivi e decorazioni; le colonne portanti mescolate a colonne decorative: un’architettura ricca e movimentata, di cui Bernini e Borromini furono esemplari artefici.
Anche a livello urbano la ricerca dell’apparenza e dell’effetto ottico è fondamentale: le piazze diventano come quinte teatrali della città.
Lo stile barocco si protrae, modificandosi ed evolvendosi, fino alla metà del XVIII secolo, prendendo il nome ora di tardo barocco ora rococò.




Il Neoclassicismo

Tra la metà del Settecento e i primi anni dell’Ottocento, in risposta agli eccessi del Barocco e del Rococò, si sviluppa in tutto il mondo il Neoclassicismo, un ritorno violento al gusto dell’architettura antica, perseguendo il motto del “bello ideale”. Viene esaltata la “nobile semplicità e serena grandezza” dell’arte greco-romana. Gli artisti si lanciano in imitazioni degli edifici del passato copiando forme e strutture del passato.

 Questa corrente ebbe un notevole sviluppo soprattutto in America (la "Casa Bianca" in stile Palladiano), da sempre affascinata dal “costruire” tipico romano, ma non mancano esempi di neo-greco o neo-romano in Francia (l’Arco di Trionfo), Germania (la porta di Brandeburgo), Inghilterra (il British Museum) e Italia (il Vittoriano in Piazza del Campidoglio a Roma).
A questa fase seguì anche un più grottesco ritorno al Gotico (neo-gotico).






La rivoluzione industriale

Con la rivoluzione industriale si ha la vera svolta dopo millenni di un costruire in lenta evoluzione.
L’uso del ferro cambia radicalmente il modo di intendere, progettare e realizzare un edificio. Oltre all’uso dei nuovi materiali propriamente per costruire (strutture in ferro o in cemento armato) a cambiare il modo di intendere gli edifici è la realizzazione dei primi ascensori, inventati dall’americano
Elisha Otis: la possibilità di percorrere numerosi piani con l’ausilio di elevatore meccanico, unito all’uso del cemento armato consentì lo sviluppo degli edifici in altezza, aumentando progressivamente il numero dei piani.

Un’ulteriore spinta alla costruzione dei primi Skyscrapers (letteralmente “grattacieli”) fu l’innalzamento dei costi dei terreni a Chicago a seguito dell’incendio del Loop (il centro) nel 1871: questo evento diede vita alla cosiddetta “Scuola di Chicago























Il Movimento Moderno

Collocato fra le due guerre mondiali, fu un periodo teso al rinnovamento dei caratteri, della progettazione e dei principi dell'architettura. Ne furono protagonisti quegli architetti che improntarono i loro progetti a criteri di funzionalità piuttosto che estetici.

Unitè dL’uso del cemento armato, spesso utilizzato a vista, senza alcun rivestimento, è una delle caratteristiche principali del Movimento Moderno. La ricerca della funzionalità cancella spesso il lato artistico, estetico, degli edifici. Allo stesso tempo l’incremento della popolazione e la facilità di lavorazione del cemento armato sembrano dare la risposta immediata alle nuove esigenze.

E’ questo il periodo in cui nascono enormi palazzi, definiti talvolta “unità di abitazione” dal suo ideatore Le Corbusier, in cui la spersonalizzazione della casa risponde all’esigenza della prolificazione delle abitazioni. L’Unitè d’habitation de Marseille è un po’ il manifesto degli eccessi del Movimento Moderno: una costruzione talmente concepita in maniera esclusivamente funzionale… da risultare invivibile!






In netto contrasto con l’Unitè d’habitation di LeCorbusier è invece la
“Casa sulla Cascata” di Frank Lloyd Wright, di una decina d’anni precedente. Si tratta di un raro esempio di architettura organica, cioè strettamente correlata al paesaggio.





In Italia il Movimento Moderno arriva in ritardo rispetto al resto del mondo e coincide con il ventennio fascista. In Italia sorgono numerosi edifici in cui il gigantismo e il monumentalismo sono le caratteristiche distintive, con un occhio di riguardo però, sempre, all’estetica del rivestimento: marmi e pietre ben tagliate rivestono i palazzi monumentali del periodo fascista. Palazzi solidi, imponenti, nell’idea di Mussolini trasposizione della potenza della Nazione.











Dal boom edilizio ai giorni nostri

Negli anni ’60, quando gli orrori della guerra sono sufficientemente lontani, si assiste in Italia ad un enorme boom edilizio: la richiesta continua di abitazioni viene soddisfatta in ogni modo, con ogni mezzo, in ogni posto. Sorgono numerosi complessi abitativi, speso abusivi e in zone protette, che hanno il solo scopo di vendere case. Il panorama nazionale viene letteralmente devastato da costruzioni orribili, invivibili, spesso costruite male, frettolosamente e senza regole. Ancora oggi le nostre città risentono degli errori e degli orrori delle costruzioni degli anni 60.

 

Sebbene sia difficile prescindere da una edilizia fatta di grandi palazzi, a volte impersonale, soprattutto nelle periferie delle grandi città, negli ultimi anni si è tornati ad una maggiore sensibilità urbanistica. Dove possibile si preferiscono costruzioni basse, magari con piccoli giardini, personalizzabili e più “intime”. Ma anche nelle periferie dei palazzi, maggiore considerazione e importanza viene data alle aree verdi introno agli edifici.



Bibliografia:
"Storia dell'Architettura" (Ettore Guglielmi - Ed. Newton & Compton)